Con il consueto ritardo vi dò il benvenuto qui, su "MeanWhile in the Tardis", il blog che non parla di niente con inaudita maestria. Oggi è la volta di esplorare "Journey to the centre of the Tardis", l'ultimo episodio di "Doctor Who" e l'undicesimo di questa settima stagione.
Per chi non lo sapesse, lo scrittore dell'episodio è tale Stephen Thompson. Chi è, chiederete voi? Il tizio che ha scritto "The Curse of the Black Spot", uno degli episodi peggiori della sesta stagione (nonostante gradevole, eh. Adoro la sesta stagione).
Fortunatamente, facendo si impara, perché questo episodio, come anche "Hide", si candida tra i più belli di questa stagione.
Intanto vogliamo parlare degli attire? Li ho adorati, entrambi. Clara è bellissima, più del solito il che mi pareva abbastanza improponibile.
Come di consueto non parleremo della trama, ma prenderemo in considerazione alcuni aspetti dell'episodio che mi hanno colpito e che, magari, hanno colpito anche voi.
Intanto FINALMENTE abbiamo visto qualcosa del(la) Tardis, dopo cinquanta anni di vita. Libreria, piscina e altri luoghi bizzarri della cabina più fuori dalle righe del mondo. C'è anche la zampata finale, il fatto che Clara, sebbene poi sia costretta a scordarlo (sarà poi vero?) ha appreso il nome del Dottore. Il nome. Del Dottore. Aiuto. Non so se temere questa cosa o farmela piacere, quel che è certo è che non dovrà MAI essere rivelato, altrimenti perderebbe tutto di senso.
L'episodio è anche un po' "mindfuck". Si gioca molto sul tempo, sul paradosso, sul riscriverlo. Ho avuto qualche difficoltà a capire cosa fossero gli zombie temporali, ma dopo una seconda visione mi è parso più chiaro (si, sono un po' tocco che ci volete fare).
Ad ogni modo, questo "Journey to the Centre of the Tardis", con questo titolo così altisonante che odorava di flop ad almeno dieci metri di distanza, prosegue la scia di begl'episodi di questa seconda parte di stagione (tolto "Cold War", beninteso).
E ora c'è di nuovo Gatiss.
Aiuto.
Geronimo!
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